IL MATRIMONIO A TERMINE SALVA L'AMORE?

La proposta di legge parte dalla Germania

Un deputato del partito cattolico tedesco ha proposto il matrimonio a tempo: dopo 7 anni è previsto l'annullamento automatico del matrimonio, se si vuole restare insieme ci si deve risposare. L'obiettivo è risparmiare le spese di divorzio.
"In sette anni ogni matrimonio, salvo poche eccezioni, si logora, e i coniugi tirano avanti per non affrontare lo stress della separazione e le spese legali. E così vivono da infelici. Il matrimonio a termine è la loro liberazione. Una legge che istituisse il matrimonio a termine sarebbe benefica per l’umanità laica."
Questa è la proposta della signora Gabriele Pauli, alto esponente della Csu, partito cristiano-conservatore della Baviera, alleato della Cdu della cancelliera Angela Merkel.
E in Germania (e non solo) la polemica dilaga.
Secondo alcuni c’è una sostanziale differenza tra matrimonio a termine e divorzio. Il divorzio è una spaccatura dentro un’unione che doveva durare, perciò è un trauma per tutti (coniugi, parenti, figli), mentre la scadenza prestabilita non traumatizza nessuno, né coniugi né figli né parenti. Altri sostengono invece che avere una scadenza non sarebbe meno traumatico.
Ma il dato forse più curioso conferma quanto proposto da Gabriel Pauli: in media le coppie si separano dopo 7 anni e divorziano nel corso dell’ottavo anno.
Quindi, la proposta di rinnovare il matrimonio ogni 7 anni potrebbe, in effetti, far risparmiare molti soldi (e delusioni) a milioni di coppie scoppiate.
E in Italia? Da noi la tendenza è più o meno la stessa di quella europea: dal 1995 al 2005, in soli dieci anni, le separazioni sono aumentate del 57% (da 51 a 83 mila), i divorzi del 74% (da 27 a 47 mila).
Tuttavia il dato interessante riguarda la vita dopo la separazione: mentre le donne preferiscono tornare a vivere da sole o con i figli affidati a loro, gli uomini al contrario spesso sono costretti a tornare dai genitori. Tra assegno di mantenimento e nuove spese, gli uomini separati o divorziati non hanno più i soldi per trovare un alloggio.
Una coppia divisa ha maggiori spese, minor potere d’acquisto e tutto questo si ripercuote sul benessere, sullo stile di vita del nuovo nucleo familiare, soprattutto quando sono presenti anche dei bambini (ben l’8 % dei ragazzi tra i 10 e 15 anni).
Ma a pagare il prezzo maggiore sono quasi sempre le donne: sono loro che subiscono gli effetti economici negativi e sono più colpite nei paesi mediterranei e conservatori rispetto ai paesi scandinavi e socialdemocratici in cui il welfare e gli ammortizzatori sociali sono più efficaci e presenti.
Probabilmente, la proposta della deputata tedesca potrà apparire azzardata o sconveniente, ma, dati alla mano, sembra proprio che l’ondata di divorzi e separazioni sia inarrestabile e compito dei governi è anche quello di minimizzare i rischi e gli inconvenienti per le fasce più deboli della popolazione, anche a costo di attuare misure impopolari o “ingiuste” o incomprensibili.

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